Chiesa di Santa Maria Maggiore

0:00 / 0:00
Ascolta

La chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore secondo il Piaggia fu fondata nel 1621: in origine era dedicata a Sant'Elmo, in sostituzione della chiesetta demolita per costruire il forte Sant'Elmo, ma nel 1623 fu dedicata a Gesù e Maria. Nel 1662 divenne parrocchia. L'attuale titolo distingue la chiesa da quella di Gesù e Maria fondata da San Francesco di Paola ed a lui ora intitolata.

Ampi lavori furono eseguiti entro il 1762, anno in cui Scipio Manni firmava il ciclo di affreschi che verosimilmente completava la nuova sistemazione rococò degli interni. Importanti lavori furono altresì eseguiti nell'Ottocento quando fu realizzata l'attuale facciata, già esistente nel 1860; alla stessa epoca risalgono la collegiata e il campanile, troncato dopo il terremoto del 1908. La costruzione è dunque il risultato di interventi dissonanti, rococò negli interni neoclassici all'esterno, sulla originaria struttura di cui non è più dato cogliere i caratteri.

Chiaro risulta invece il rapporto con la chiesa di San Giacomo che la fronteggia: le due chiese dovevano chiudere in maniera monumentale il tratto più centrale della marina, scandito in origine da costruzioni modeste su lotti uniformi. La chiesa è a navata unica con abside semicircolare. Si accede da un ampio sagrato semicircolare: la facciata è a ordine unico, appena animata da schiacciate paraste doriche su alto basamento liscio, sovrastato da un pesante attico triangolare. La porta è di semplice disegno e priva di pretese risulta la finestra, peraltro rimaneggiata agli inizi del secolo. Cantonali rivestiti di bugnato serrano facciata e campanile, oggi ridotto alla sola base dopo la demolizione del dado che alloggiava l'orologio e dell'alta cella campanaria soprastante.

Il disegno del prospetto è ripreso, in forme semplificate, dalla colleggiata che si sviluppa sul fianco destro con un corpo centrale tra cantonali bugnati (che racchiude il portone d'ingresso) e corpi laterali definiti anch'essi da cantonali bugnati. Tre ordini di semplici aperture si aprono nella collegiata, il cui coronamento è provvisto di un'ampia cornice orizzontale raccordata all'attico della chiesa. Ai lati della porta due epigrafi ricordano il noto episodio del riposo di Garibaldi sulla soglia della chiesa. L'interno è caratterizzato da una importante decorazione in stucco con angeli e motivi floreali, tipicamente rococò, che incornicia gli altari a nicchia, separati da paraste, e gli affreschi del Manni nelle volte.

Il ciclo pittorico del Manni, certamente eseguito con l'aiuto della bottega, raffigura episodi evangelici e biblici: al centro della volta è il più grande quadrone (sorretto da un gruppo di angeli) con la cacciata dei mercenari dal Tempio mentre nel catino absidale è stata rievocata la presentazione di Gesù al Tempio: riquadro minori raffigurano personaggi biblici (Abramo cieco, Davide). Particolarmente riuscita è la complessa decorazione floreale che incornicia i riquadri affrescati, tipico esempio dell'avanzato gusto rococò. Un gruppo di angeli in stucco regge uno stemma che orna l'arco trionfale. Putti e festoni ornano le finestre che si aprono nella navata sopra gli altari. Tutti gli altari sono stati decorati con modesti marmi policromi nell'Ottocento mentre le tele raffiguranti il Crocifisso, la Trinità, l'Immacolata con santi ed il bambino Gesù con santi risalgono al Settecento.

L' altare maggiore neoclassico, di fattura ottocentesca, è ornato dal quadro settecentesco della Madonna della Neve affiancato dalle tele coeve della Natività e dell'adorazione dei Magi. Agli interventi ottocenteschi, in sobrio stile neoclassico, possono altresì attribuirsi il coro ed il pergamo ligneo sovrastato da un angelo policromo. Alla stessa epoca risalgono l'altarino di Sant'Espedito con statua policroma del santo ed i monumenti funerari Greco Picciolo del 1869 e Calcagno Cumbo del 1880. Il fonte battesimale è costituito da una vasca baccellata poggiata su una colonnina a fogliami, elementi eterogenei databili rispettivamente al periodo barocco ed all'Ottocento romantico.

Testimonianze devozionali sono costituite dalla statua dell'Addolorata, sistemata in una vetrina, e dalla statuina del bambino Gesù. Nel pavimento, rifatto di recente, restano solo due epigrafi con blasone ed una lastra anepigrafa con stemma gentilizio. Le numerose iscrizioni funerarie ormai perdute sono note grazie al Piaggia. Nei locali della sacrestia si conserva soltanto una bella fonte in pietra a nicchia, sormontata da un cartiglio con la data del 1742.

 

Chillemi F. Milazzo città d'arte. Disegno urbano e patrimonio architettonico, Messina 1999.